Anime
Inquiete
I Percorsi Del Suicidio
VENERDI’
23 MAGGIO 2003
Sede
Evento Formativo
Sala convegni
Casa di
Cura Privata “Villa S. Chiara”
37034
Quinto di Valpantena (Verona)
Romolo Rossi
IL DISDEGNOSO GUSTO: SUICIDIO
O VENDETTA
Il suicidio, uno degli argomenti che
vengono ad essere trattati nel nostro congresso, viene visto qui al di fuori
dei canoni nosologici tradizionali, suicidio-depressione o, meno probabile,
suicidio-schizofrenia. Ci si richiama a personaggi molto noti, a partire da
Anna Karenina e Emma Bovary, per arrivare ad Aiace, e per ricordarci, a partire
dal giovane Werther, che se si togliesse il suicidio dalla letteratura,
rimarremmo quasi privi di grandi capolavori. Qui si vuole parlare del suicidio
come realtà umana, in qualche modo a disposizione, in ogni momento, di
qualsiasi umano: esaminando la dinamica del suicidio, risalta che questo
comportamento, che avrei difficoltà a definire innaturale, entra in gioco
quando due componenti fondamentali si associano in una sinistra collaborazione,
la perdita dell’oggetto amato e la ferita narcisistica, che potremmo anche
tradurre nell’offesa, nel vissuto di disprezzo e di essere disprezzati: un
esempio illustre è quello di Pier delle Vigne, in cui Dante ci presenta, in tre
versi prodigiosi, questa realtà che richiede, per il povero psichiatra, pagine
e pagine per essere spiegata
Luigi Pavan
PREVENZIONE
DEL COMPORTAMENTO SUICIDIARIO
Non essendoci una
spiegazione comune, né una causa specifica per tutti i suicidi, non è possibile
fare un’ipotesi di prevenzione assoluta.
Nonostante vi
siano molti limiti, vi sono pur tuttavia delle buone ragioni per fare
prevenzione:
·
La decisione di togliersi la vita non è sempre certa, ma
spesso è accompagnata dal desiderio di vivere.
·
La sofferenza che porta una persona a suicidarsi, se non
è conclusa con la morte, molto spesso viene superata e seguita da nuovi
adattamenti che permettono di continuare a vivere.
·
Quasi sempre un suicidio esprime la disperazione e la
mancanza di vie d’uscita di chi, in quel momento, non ha visto possibilità o
soluzioni al suo problema.
·
Comprendere il rischio suicidario in una persona che
soffre di un disturbo psichico e inviarlo ad un aiuto specifico può essere un
vero intervento salva vita.
·
Se neghiamo o ignoriamo il rischio di suicidio possiamo
contribuire all’avverarsi dell’evento.
Quando parliamo
di prevenzione non pensiamo però a un accanimento, a una crociata, al salvare
una vita a qualsiasi costo.
Il comportamento
suicidario è troppo complesso per essere riduttivamente attribuito solo ad una
condizione psicopatologica.
Deve essere
sempre presente una prospettiva di rispetto per la libertà dell’individuo e
deve prevalere il primato del singolo nel decidere della propria vita.
Questo non deve
escludere una disponibilità all’assistenza, un aiuto sia sociale che
individuale, per riuscire a rispondere alla sofferenza psichica e proteggere i
soggetti più deboli.
Bisogna essere consapevoli
che anche se il suicidio può essere una libera scelta, esiste un legame forte,
anche se non specifico, fra disturbi psichici e comportamento suicidario, per
cui si deve favorire e sviluppare la loro identificazione e la loro cura.
Fare prevenzione
significa inoltre promuovere la salute mentale e il benessere psichico di una
popolazione.
Possiamo parlare
di prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
Esistono inoltre
delle vere linee guida per attuare interventi sul soggetto a rischio suicidario.
Aldo
Giorgio Gargani
Il nichilismo esistenziale
e la varietà delle sue versioni simboliche
In un passo de “L’uomo senza
qualità”, Robert Musil scrive: “Man muss sich den Wirklichkeit bemächtigen,
Wirklichkeit hat keinen Sinn mehr“. “Bisogna impadronirsi della realtà, la
realtà non ha più alcun senso”. Vengono qui illustrati alcuni temi che
concernono soprattutto la cultura mitteleuropea, in particolare la cultura
austriaca, in cui il suicidio, come già recita il titolo, non solo
eventualmente coincide con la patologia psichica del suicidio effettivo, ma
diventa anche ed è l’espressione estrema della radicalizzazione di una visione
lucida e spietata della realtà. Devo dire che questa tematica del suicidio,
oppure non propriamente del suicidio ma di una strategia intellettuale che
porta a confrontarsi con la morte per essere autentici, è un tema
particolarmente focalizzato in questo ambito della cultura tra la fine
dell’Ottocento fino alle figure di Ingeborg Bachmann e Thomas Bernhard. L’idea
è quella anche di Wittgenstein, che si arruola volontario nella prima guerra
mondiale, in quanto ritiene di doversi confrontare con la morte, di guardare la
morte negli occhi per poter trovare quello che lui chiama “das erlösende Wort”
(la parola che salva, la parola che redime), “der erlösende Gedanke” (il
pensiero che salva, che redime). C’è nella cultura di cui vi parlo una tensione
verso uno stato diverso da quello che è la nostra esistenza quotidiana, quella
che prima R.M.Rilke e poi Musil hanno definito “der andere Zustand” (l’altro
stato). Come dice il personaggio protagonista di “Perturbamento” di Bernhard,
il principe Saurau, nel corso di un delirio che si estende per decine e decine
di pagine: “La mia mente, potrebbe essere là già dove io non ho più accesso alcuno”.
Questo problema della sfida nei confronti della morte, della strategia al
suicidio è largamente radicata nella cultura austriaca e si combina con quello
che forse è il problema complessivo di quella costellazione culturale, che è un
problema di identità, è un problema d¹identità che si esprime come problema
dell’identità maschile, dell’identità femminile, dell’identità dell’uomo
tedesco, dell’uomo ebreo e infine dell’uomo europeo.
Leonardo Tondo
Il rischio del suicidio
nei disturbi dell’umore
Il disturbo
bipolare dell’umore (BPD) è una malattia che colpisce l’1% della popolazione
nella sua forma più grave e circa il 2% nella sua forma relativamente più
leggera. È un disturbo potenzialmente letale per possibili incidenti,
concomitante abuso di sostanze e malattie somatiche. Tuttavia la causa più
frequente di morte è dovuta al suicidio. L’incidenza del suicidio in uomini e
donne con BPD si aggira intorno al valore medio di 0.4% / anno ed è circa 20
volte più alta che nella popolazione generale. Gli atti suicidari (tentativi e
suicidi completi) si presentano precocemente durante il decorso della malattia,
in associazione con disturbi depressivi gravi e stati disforici e misti. La
valutazione sistematica dei fattori protettivi e di rischio riveste grande
importanza nei potenziali pazienti a rischio di suicidio. Negli interventi a
breve termine sono importanti un’attenta supervisione clinica, un ricovero in
ambiente specialistico e la terapia elettroconvulsivante (ECT). Altri
plausibili interventi hanno una limitata evidenza di un effetto al lungo
termine contro i rischi di mortalità e includono l’uso di antidepressivi,
neurolettici e trattamenti di tipo psicosociale. Il trattamento a lungo termine
con sali di litio costituisce una eccezione, data l’evidenza di una riduzione
del rischio suicidario associato a questo trattamento. Le altre terapie
psicofarmacologiche introdotte per il trattamento profilattico del BPD,
compresi gli anticonvulsivanti e gli antipsicotici, richiedono ulteriori ricerche sul loro
effetto nel limitare la prematura mortalità dovuta al suicidio.
Roberto Tatarelli
Il suicidio nella
schizofrenia
Il suicidio è la
principale causa di morte tra gli individui affetti da schizofrenia. Si stima che
una percentuale variabile tra il 10 e 13% di questi pazienti muore a causa di
un gesto suicidario. Numerosi studi hanno accertato che il paziente
schizofrenico a più alto rischio di suicidio è giovane, di sesso maschile, di
razza bianca, con buon adattamento premorboso, mai sposato, con sintomi di
depressione post-psicotica, che abusa di sostanze e con storia di tentativi di
suicidio. Quest’ultimo fattore di rischio è senza dubbio quello che permette di
fare previsioni su ulteriori gesti suicidari. Infatti, il 20-50% dei pazienti
schizofrenici tenta il suicidio e molti di coloro che muoiono a causa di tale
gesto hanno fatto uno o più tentativi suicidari. Le allucinazioni uditive
imperative solo in alcuni casi possono indurre il suicidio. Particolare importanza
nell’accrescere il rischio di suicidio rivestono l’hopelessness, la
consapevolezza della malattia, la sfiducia nel futuro e la delusione di
aspettative, il sentimento di inaiutabilià, l’isolamento sociale e il ricovero
ospedaliero. Nel caso di ricoveri ospedalieri il rischio di suicidio aumenta
sia durante la permanenza in ospedale sia nel periodo che segue le dimissioni.
Un gran numero di pazienti schizofrenici che commette il suicidio può essere
ricondotto a forme di schizofrenia resistenti al trattamento con neurolettici.
Un netto decremento delle tendenze suicidarie degli schizofrenici è stata
possibile grazie all’introduzione dei farmaci antipsicotici atipici, che
permettono una migliore compliance, una migliore qualità di vita e una maggiore
incisività sui sintomi negativi della patologia che spesso sono legati al
suicidio. Risulterebbe insomma decisiva l’importanza dell’aderenza alla terapia
nella riduzione del rischio suicidario. La terapia neurolettica tradizionale
nei pazienti schizofrenici a rischio di suicidio può essere utilizzata in
associazione a stabilizzanti dell’umore o antidepressivi SSRI o SNRI, ma solo
come seconda opzione nell’algoritmo terapeutico. Ruolo importante rivestono gli
interventi psicosociali e psicoterapeutici, nonché gli interventi sulla
famiglia del paziente schizofrenico. In quest’ultimo caso si deve considerare
che i membri della famiglia possono, inconsciamente, ritenere il suicidio del
membro malato come la soluzione alla patologia. A volte una sottile rete di messaggi
inconsci da parte dei familiari può indurre il paziente a ritenere che il
suicidio è la modalità per porre fine alle sue sofferenze e a quelle della
famiglia. Non si deve inoltre dimenticare che i medici di base possono
costituire delle figure importanti per monitorare e ridurre la suicidalità di
questi pazienti.